Martina Dei Cas si occupa di Comunicazione e Promozione per Trentino Sviluppo e noi di Sartori Ambiente abbiamo avuto il piacere di conoscerla durante il percorso di certificazione di ergonomicità del nostro nuovo contenitore – UrbaE.
Martina, intanto grazie per la tua disponibilità e ci piacerebbe se raccontassi qualche cosa di te.
Sono cresciuta ad Ala, la “città di velluto”, in Vallagarina, dove tutt’ora vivo. Mi sono laureata in Giurisprudenza ad indirizzo europeo e transnazionale all’Università di Trento nel 2015 con una tesi in diritto penale comparato sulla normativa per il contrasto alla violenza di genere tra Italia e America Latina e l’anno successivo ho conseguito un master in “Leadership al femminile” alla SDA Bocconi – School of Management.
Sono giornalista pubblicista e mi occupo di relazioni con i media per Trentino Sviluppo, l’agenzia provinciale per le imprese e il territorio della Provincia autonoma di Trento.
Nel 2010 sono stata insignita dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano del titolo di Alfiere del Lavoro e penso che ricevere l’onorificenza dalle sue mani al Quirinale resterà per sempre una delle emozioni più grandi della mia vita e di quella dei miei genitori, che hanno fatto tanti sacrifici per garantirmi quante più opportunità di formazione professionale, culturale e umana possibili. Per quasi dieci anni, durante gli studi superiori e universitari, ho svolto attività di volontariato nel doposcuola per l’integrazione dei bambini e ragazzi in condizioni di vulnerabilità del mio paese. E così mi sono convinta che l’istruzione sia l’investimento più prezioso che, come comunità, possiamo fare per il nostro futuro. E quando parlo di istruzione, non intendo soltanto i congiuntivi e le equazioni – che pure servono – ma il formare cittadini consapevoli dei propri diritti, dei propri doveri e del proprio valore. Con questa convinzione in mente, sono partita per l’America Centrale.
Le mie esperienze di volontariato internazionale lì sono state fonte d’ispirazione per i romanzi “Cacao amaro” (2011) e “Il quaderno del destino” (2015). Grazie al supporto dei lettori è nato il progetto “Un libro per una biblioteca”, volto a fornire materiali didattici ai bambini e ragazzi del Nicaragua rurale, affinché possano continuare a studiare e a lottare per realizzare i loro sogni, premiato in occasione della prima edizione del contest “Strike – Storie di giovani che cambiano le cose” della Provincia autonoma di Trento. Da “Il quaderno del destino” è stato tratto anche l’omonimo cortometraggio girato in Centroamerica e premiato ai “Premios Latino”, il festival del cinema latinomericano di Marbella in Spagna nel 2018 e alla “Mostra internazionale del cinema per l’infanzia” del Guanajuato in Messico nel 2019. Da un reportage in Guatemala, nel 2019, è nato il libro “Angelitos” – patrocinato dal Centro per la Cooperazione Internazionale di Trento e da Amnesty International Italia – per raccontare la storia vera di Angelito Escalante, rapito da scuola e ucciso a dodici anni da una gang per essersi rifiutato di entrare a farne parte.
I tuoi articoli, i tuoi libri e i tuoi progetti raccontano storie di inclusività, di giustizia e di riscatto ed è la parte di te che ci ha coinvolto particolarmente dal punto di vista umano. Se potessimo dare forza ad uno dei progetti che stai realizzando, quale sarebbe?
Sicuramente vi sarei grata se vi metteste – simbolicamente – #inViaggioconAngelito. Come mi ha detto suo papà Luis, diffondere la storia di Angelito significa evitare che questo bambino coraggioso che ha rinunciato alla sua vita pur di non cadere nella spirale della violenza venga ucciso – oltre che dalle gang e dallo Stato che poco ha fatto per trovare e assicurare alla giustizia i colpevoli – anche dall’oblio.
Quando ho cominciato a raccontare la sua storia, di gang in Italia non parlava quasi nessuno. Oggi, purtroppo, hanno conquistato le prime pagine persino dei quotidiani locali. Penso che sia compito di noi adulti non soltanto criticare o preoccuparci per questo fenomeno, ma anche offrire a bambini e ragazzi delle alternative concrete, spiegare loro cosa succede quando si intraprende questa strada senza ritorno e proporre invece attività che li aiutino a coltivare i loro talenti.
Un altro tema a me molto caro è quello dell’inclusione delle persone con disabilità. In questo ambito, a volte, si ha paura di essere invadenti o usare le parole sbagliate. E così si finisce con il tenere in vita vecchi stereotipi che invece potrebbero essere facilmente smantellati. Per questo mi piace raccogliere, scrivere e diffondere le storie che scardinano la narrazione vittimistica in materia. Storie come quella dei miei colleghi del centro ProM Facility di Polo Meccatronica a Rovereto, che usano la stampa 3D per stampare materiali didattici accessibili alle persone con disabilità visive o migliorare la mobilità delle persone con difficoltà di deambulazione dovuta a malattie rare.
L’ultima domanda che vorremmo porgerti riguarda il progetto che ci ha coinvolto direttamente.
Sartori Ambiente essendo parte del sistema di economia circolare ha sviluppato un percorso di progettazione basato sul design thinking, un modello centrato sulle persone che integra capacità analitiche e creative. Coinvolgendo diversi attori, abbiamo lavorato per migliorare le soluzioni a beneficio delle persone.
Ritieni che questo approccio sia essenziale per ampliare la rete e contribuire agli obiettivi dell’Agenda 2030?
Pienamente. Molto spesso sentiamo parlare di Agenda 2030, Nazioni Unite, Unione europea e ci sembra tutto tanto meritevole e necessario, quanto lontano e complicato. Invece non è così. Sono convinta che ciascuno di noi possa e debba fare “tutto il poco che può” per lasciare il mondo un po’ migliore di come l’ha trovato. Le policy rischiano di rimanere soltanto lettera morta, dichiarazioni d’intenti affisse nelle cornici di prestigiosi uffici e corridoi, se noi non ci impegniamo per farle vivere nella sostanza, nella vita di ogni giorno.
Parlando di ambiente, per esempio, quante volte usciamo dall’ufficio lasciando la luce accesa? Sembra una raccomandazione banale e invece, a volte, fare la nostra parte è più semplice di quanto pensiamo. Basta soltanto un po’ di buona volontà.
Entrando nel vivo del vostro progetto, poi, posso dire che la cosa che ho apprezzato di più nel percorso design thinking del nuovo sistema di raccolta porta a porta è che gli sviluppatori abbiano preso in considerazione tra i parametri più importanti per la costruzione dei nuovi contenitori il miglioramento del benessere del personale incaricato della nettezza urbana.
Penso che non ci sia miglior sistema di economia circolare di quello che – pur facendo perno su innovazione e tecnologia – non dimentica il fine ultimo: aumentare la qualità della vita delle persone che ci circondano, anche di chi, come appunto gli operatori ecologici, fa un lavoro “poco glamour”, ma assolutamente fondamentale per il buon funzionamento della società tutta.
Grazie Martina da parte di tutti noi e visto che sappiamo che ami i libri e il caffè ti aspettiamo da noi per raccontarci i tuoi libri davanti ad una tazza di caffè.
Super volentieri. Grazie a voi per questa gradita opportunità!